I tempi d'attesa vanno ridotti

Pubblicato il 28/07/2021 alle 18:19
Ultima modifica: 28/07/2021 alle 18:21
Pubblicato il
28/07/2021
Testata
Repubblica
I tempi d'attesa vanno ridotti
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Sotto la lente d'ingrandimento ci sono 14 prestazioni, tra visite ed esami. Come l'elettrocardiogramma e l'ecografìa dell'addome, la mammografia bilaterale e la prima visita oculistica. Tutte specialità dove le attese a Milano sono lunghe, troppo lunghe. E rispetto alle quali intervenire è necessario, soprattutto per diminuire la quota di chi, esasperato dalle code, rinuncia a fare la visita con il ticket. Mette mano al portafogli, e paga. L'Ats di Milano vara un piano anticode, che prevede di far lavorare di più gli ospedali - sia pubblici, sia convenzionati - in particolare per quelle specialità nelle quali il paziente è costretto ad aspettare di più. Per i privati sarà pubblicato un bando ad hoc: gli ospedali che l'anno scorso sono stati più efficienti potranno parteciparvi, e ottenere soldi in più. In cambio di un aumento delle prestazioni che offrono, in modo da tagliare le code.
Il progetto è stato limato da corso Italia negli ultimi giorni, e si basa a sua volta sulle regole emanate dalla Regione. Che, per Milano e Brescia, quest'anno ha messo da parte 15 milioni di euro, proprio per accorciare le liste d'attesa. E allora: di questi fondi regionali, in base alle sue dimensioni la metà dovrebbe andare all'Ats di Milano. Che, a sua volta, li dovrebbe ripartire in modo equo tra ospedali pubblici e convenzionati: ai primi saranno dati i finanziamenti in più, per aumentare le prestazioni offerte e quindi accorciare le code. Le strutture dovranno presentare due piani, uno entro fine aprile e l'altro entro settembre, per spiegare in che modo sono intervenuti per accorciare le attese.
to predisposto un bando, pubblicato da corso Italia due giorni fa. Prevede che le cliniche milanesi già convenzionate con il servizio pubblico, e che si sono dimostrate più efficienti, possano parteciparvi. Attenzione, però: dovranno rispettare dei paletti precisi. Ovvero, dovranno aver messo a disposizione del cali center regionale le loro agende, in modo da permettere ai cittadini di prenotare chiamando il numero verde del Pirellone. E, soprattutto, dovranno dimostrare di aver migliorato il rapporto tra numero di visite che loro offrono con il ticket, e quelle a pagamento. Già, perché l'Ats ha messo mano agli archivi, e analizzato i numeri. Individuando alcune visite nelle quali la quota di quelle fatte con il ticket e di quelle fatte facendo pagare è quasi pari. Sono, per esempio, le visite ginecologiche (in cui, nel 2018, il numero di quelle fatte a pagamento ha superato quota 59mila, contro quelle con il ticket che sono state poco di più di 60mila) e quelle di gastroenterologia (24.772 quelle fatte a Milano con il ticket, contro le 23.678 a pagamento). Le visite urologiche (55.200 con il ticket, 43.485 a pagamento) e quelle oncologiche (30.697 con ticket, 24.237 a pagamento). Numeri troppo alti. E se è vero che molti, soprattutto per specialità come ginecologia oppure oncologia, ci tengono a essere seguiti da un determinato medico e quindi decidono di andare a pagamento per poter scegliere chi li visiterà, è anche vero che molto spesso il cittadino - fiaccato dalle code - alla fine decide di fare la visita a pagamento.
Di qui, i paletti posti da corso Italia: gli ospedali privati potranno accedere ai fondi in più, stanziati per accorciare le code, solo se dimostreranno di migliorare il rapporto tra controlli offerti con il ticket e controlli offerti a pagamento.
Inoltre tra i meccanismi elaborati da corso Italia per accorciare le code c'è il divieto di "chiudere le agende". Tradotto: spesso, dall'autunno in poi, gli ospedali (sia pubblici sia privati) tendono a non prendere più appuntamenti, in attesa del budget dell'anno successivo. Un'altra delle ragioni che portano le code ad allungarsi: l'Ats, allora, awierà un monitoraggio. E chi sarà beccato con le agende chiuse, dovrà pagare una multa.
Per i cittadini, invece, sono mantenute quelle sanzioni, introdotte già da un paio d'anni, per chi dopo aver preso un appuntamento, non lo ha cancellato ma non si è presentato. Si tratta del cosiddetto "no show", punito con l'obbligo, per chi non è venuto alla visita, di pagare comunque il ticket.